Raggiungere il museo


Civico Museo Geopaleontologico Ardito Desio e Osservatorio Astronomico
Coordinate: 41° 50' 51" N - 12° 56' 41" E
Piazza della Torre
00030 Rocca di Cave
Tel. 06-9584098 (ore 9-13)

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Comune di Rocca di Cave
Piazza Eugenio Maggi n°1
00030 Rocca di Cave (RM)
Tel. 06-9574952

Fax 06-9584025
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Il paese di Rocca di Cave può essere raggiunto:


Con l'automobile:

  • Da Roma si prende l'Autostrada Roma - Napoli
  • Uscita San Cesareo
  • Strada n°155 per Palestrina
  • Da Palestrina seguire le indicazioni per Capranica Prenestina
  • Arrivati a Capranica, svoltare a destra per Rocca di Cave

Oppure:

  • Da Roma si percorre la via Casilina fino a Palestrina, poi si seguono le indicazioni per Cave e poi per Rocca di Cave.
  • Da Roma si prende l'autostrada Roma - L'Aquila, si esce a Tivoli e si seguono le indicazioni per Palestrina, Cave e Rocca di Cave.
  • Da Roma si prende l'autostrada Roma - Napoli, si esce a Valmontone e si seguono le indicazioni per Cave e Rocca di Cave.

Con il Servizio di linea extraurbano COTRAL:

  • partenza da Roma, stazione Anagnina per Capranica Prenestina o Cave sino a Rocca di Cave.

Con i treni FS:

  • linea Roma - Cassino si scende alle stazioni di Valmontone o Zagarolo e si prosegue con linea COTRAL per Cave e Rocca di Cave.

Apertura al pubblico del Museo

  • Sabato ore 15:00 - 19:00
  • Domenica ore 10:00 - 13:00 e 15:00 - 19:00

Importo per l'ingresso al museo euro 5,00
Ingresso libero ai soci Hipparcos previa esibizione della tessera associativa


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Previsione meteo dettagliata per Rocca di Cave

Ardito Desio

Ardito Desio (geologo, geografo, esploratore) (18-04-1897 - 12-12-2001)

Nato a Palmanova, in provincia di Udine, il 18 aprile 1897, è stato professore, geologo, esploratore dell'intero mondo. Desio ha percorso una carriera lunga oltre settanta anni. Una carriera iniziata come docente al Politecnico di Milano nei primi anni '20 e continuata come esploratore, alpinista, cartografo, organizzatore di spedizioni. E' stato un suo merito organizzare la spedizione italiana che ci portò, il 31 luglio 1954 primi fra tutti, con Lacedelli e Compagnoni, alla conquista della seconda vetta del mondo per altezza, il K2. Ardito Desio si è spento serenamente il 12 dicembre 2001 all'età di 104 anni assistito dai famigliari. E' sepolto nel cimitero di Palmanova sua città natale. (Dal sito web: www.arditodesio.it)

Incontro con Ardito Desio 

Sala C

Costruttori di montagne(da 66 a 95 milioni di anni fa)

Nelle sale A e B abbiamo ripercorso la storia geologica recente di Rocca di Cave e abbiamo visto come i rilievi dell’Appennino siano stati prodotti dalla "collisione" tra Europa e Adria-Africa, che ha fatto sparire l’antico Oceano Ligure. Ora facciamo un lungo salto indietro nel tempo, verso la fine dell’Era Mesozoica, quando l’Oceano Ligure era ancora molto ampio.

 

Punto C1

Il globo (sulla sinistra) mostra la posizione delle terre emerse e dei mari circa 95 milioni di anni fa: a quell’epoca, l’Oceano Ligure, nato quasi 100 milioni di anni prima, era diventato un braccio di mare molto articolato, che separava l’attuale Europa centrale (in gran parte formata da isole circondate da un mare poco profondo) dal piccolo continente Adria (un vasto bassofondo coperto dal mare, con poche aree emerse, ma formato da crosta di tipo continentale, che costituiva una specie di "avamposto" del grande continente africano. Verso Nord, da quell’oceano stavano emergendo i primi lembi delle future Alpi (vedi la figura 1 nel Pannello 8, nella Sala B), mentre, più a Sud, le rocce del futuro Appennino si stavano ancora sedimentando in mare. Tra queste ultime, c’erano anche le rocce che oggi formano i rilievi di Rocca di Cave, prodotte dall’attività di miliardi di organismi viventi: questo punto di osservazione è dedicato proprio a quell’imponente fenomeno.

Il pannello "Nei mari tropicali" mostra come sia possibile che organismi marini, capaci di costruirsi una conchiglia calcarea sottraendo il carbonato di calcio dall’acqua del mare, in cui è abbondantemente disciolto, possano, con il tempo, "costruire montagne". Si scoprirà, così, cosa sono le "piattaforme carbonatiche", vaste aree diffuse anche oggi nei mari tropicali, dove si accumulano, strato su strato, enormi quantità di calcari: esattamente come è avvenuto nel passato per buona parte dell’Appennino. Ma questa scoperta porta a una domanda: cosa c’entrano i mari tropicali con Rocca di Cave e l’Appennino, che si trovano a oltre 2000 kilometri più a Nord del Tropico del Cancro? La risposta è nei continui movimenti della crosta terrestre: da quando si sono formate lungo le sponde dell’Oceano Ligure, le rocce del futuro Appennino si sono gradualmente spostate verso Nord, fino alla posizione attuale.

I due grossi blocchi di rocce a fianco del globo sono un primo esempio dei calcari di cui sono formati i rilievi di Rocca di Cave; vi si riconoscono vari frammenti di gusci, alcuni abbastanza familiari, avvolti a spirale come quelli di molte lumache attuali, altri di forme meno consuete. Per capire meglio cosa siano, passiamo alla Sala D, trascurando, per il momento, la vetrina in fondo alla sala, che ritroveremo più avanti nel percorso.


   Sala B           Sala D   

 


 

Note geologiche su Rocca di Cave

NOTE GEOLOGICHE SU ROCCA DI CAVE
(a cura di Maurizio Chirri)



La superficie del Lazio vista dalle telecamere dei satelliti, mette in evidenza un paesaggio costituito da un'ampia fascia costiera nella quale si riconoscono dal nord della regione fino al centro rilievi e laghi di origine vulcanica, immediatamente a est si osservano modeste colline di origine sedimentaria recente, solcate a nord dalla rete idrografica del Tevere e al centro e a sud dalle reti idrografiche dei fiumi Aniene, Sacco, e del Liri.

Ancora più a oriente si scorge la fascia montuosa costituita dal rilievo anti-appenninico e appenninico nella quale rientra il resto della regione, con cime che nell'area della Laga raggiungono i 2500 metri.
Nelle valli e montagne appenniniche si distinguono due diverse sequenze di rocce separate da un confine che i geologi hanno denominato linea Antrodoco-Olevano.
Tale confine separa grosso modo i resti di due diversi ambienti sedimentari in cui si suddivideva un antico oceano, formatosi oltre duecento milioni di anni fà. I complessi moti delle placche tra cui quelle Africana e Europea, portarono all'inizio dell'Era Mesozoica, circa 240 miloni di anni fa, alla formazione di un unico supercontinente chiamato Pangea dalla cui fratturazione con direzione prevalente est-ovest si formò un grande oceano denominato Tetide. 

L’Oceano Tetide alla fine del periodo Giurassico, 150 milioni di anni fa (a sinistra).    Ricostruzione paleogeografica delle scogliere e scarpate sottomarine che orlavano il continente Africano nell’Era Mesozoica (a destra); si evidenzia l’antica posizione di Rocca di Cave.


Dunque le rocce che compongono le strutture appenniniche si formarono nell'era chiamata Mesozoica in un vasto bacino marino che separava l'Eurasia dall'Africa. Più precisamente i sedimenti che dovevano successivamente formare le rocce dell'Appennino si depositarono lungo il margine meridionale del mare, ovvero nel settore prospiciente alle coste africane. Un pendio sottomarino "la scarpata oceanica" bordava le coste con isole e lagune verso l'oceano. Nei fondali al centro della Tetide si trovava la grande dorsale medio-oceanica, le cui attività vulcaniche effusive andavano lentamente a costituire le rocce del fondo marino.Possiamo immaginare il paesaggio di questo antichissimo mare, come un ampio golfo tra l'Africa e l'Europa che si andava progressivamente allargando nel corso dei milioni di anni fino a raggiungere ampiezze di oltre mille chilometri. Sul suo bordo meridionale si allungava per centinaia di chilometri una ghirlanda di isole e lagune orientate in quell'epoca da est verso ovest, e il cui complesso definito dai geologi "piattaforma carbonatica" poteva ricordare l'attuale arcipelago delle Bahamas. A non grande distanza dalle coste africane, in ambienti caratterizzati da un clima tropicale, vasti settori della "piattaforma" erano coperti da una sottile lama d'acqua dove proliferavano organismi di scogliera soprattutto alghe e coralli che con i loro apparati scheletrici edificavano imponenti barriere coralligene. Una scarpata debolmente inclinata ed estesa a tratti per molte decine di chilometri raccordava questo ambiente con il mare aperto.

Durante l'Era Mesozoica si verificarono notevoli variazioni del livello dei mari, le linee di costa subirono ampi spostamenti. Particolarmente durante la parte superiore del periodo Cretacico il margine costiero dell'arcipelago si ritirò in direzione dell'attuale est.
Rocca di Cave è una delle poche località dell'Appennino dove affiorano suggestive testimonianze di quell'antichissimo ambiente situato sulle sponde dell'oceano Tetide.
Tavola che illustra i principali fossili che si rinvengono nella zona della paleoscogliera.

Poco fuori dell'abitato di Rocca di Cave lungo la strada per Capranica Prenestina in prossimità di un depuratore abbandonato, si osserva lungo il taglio di una parete rocciosa una sezione del nucleo di una scogliera cretacica, appunto il bordo verso l'oceano della piattaforma di isole e lagune. I detriti rocciosi ai piedi della paretina e altri affioramenti che si osservano lungo un sentiero adiacente, permettono di riconoscere la ricchezza della vita sottomarina della bioherma di 90 milioni di anni fà. Si rinvengono splendidi esemplari di bivalvi chiamati rudiste, estintesi alla fine del Cretacico, in associazione con nerinee, esacoralli ed echinidi, talvolta i fossili si trovano ancora nella posizione che avevano in vita.A poca distanza presso il serbatoio idrico che domina la località chiamata Colle del Pero, altre testimonianze fossili narrano le vicissitudini geologiche dell'area. Tracce inconfondibili di una scogliera più recente attestano che l'antico margine costiero fu disarticolato e nella parte che rimase sommersa si insediarono ricche associazioni faunistiche con abbondanti coralli e gasteropodi. Al passaggio con l'Era Cenozoica circa 65 milioni di anni fà, il mare si ritirò da tutta la zona che emerse per circa quaranta milioni di anni. I geologi chiamano tale intervallo "lacuna paleogenica". Sull'isola o sulle ampie isole emerse, lo scorrimento delle piogge creò un reticolo di fiumi e torrenti e le rocce carbonatiche che costituivano la regione furono interessate da estesi fenomeni carsici. La regione rimase "all'asciutto" fino all'epoca miocenica quando il mare la sommerse nuovamente. Un fitto alternarsi di strati rocciosi costituiti da marne, calcari detritici e calcareniti poggia direttamente sui terreni della scogliera e segna appunto l'ultimo ritorno del mare prima del definitivo sollevamento montuoso.
Tale evidenza chiamata "trasgressione miocenica" è visibile sempre sulla strada per Capranica Prenestina, laddove è messa in evidenza lungo il lato sinistro da tagli stradali. L'Africa già dalla fine dell'Era Mesozoica, iniziò un lento riavvicinamento all'Eurasia, per cui i sedimenti marini insieme alle rocce di origine vulcanica formatesi nei fondali della Tetide furono costretti in uno spazio sempre più ridotto. La parte superiore dei fondali con i sedimenti accumulati lungo il bordo meridionale della Tetide, si sollevarono a formare la catena dell'Atlante, l'Appennino, le Alpi Meridionali e le Dinaridi.
Così verso la fine dell'Era Terziaria anche il settore centrale dell'Appennino con i monti Sabini, Lucretili, Ruffi, Tiburtini e Prenestini subiva il definitivo sollevamento montuoso.

I diagrammi C e D illustrano le fasi finali del sollevamento montuoso dell’Appennino centrale. Particolarmente nel diagramma D si evidenzia la struttura a falde che caratterizza la catena montuosa.

La zona compresa fra Rocca di Cave, Capranica e Guadagnolo reca le testimonianze del graduale assottigliarsi del mare. La regione all'epoca doveva assomigliare molto all'attuale Golfo Persico. Negli strati più antichi di questo complesso di rocce chiamate "Formazione di Guadagnolo" si rinvengono ancora denti di squalo, mentre frequenti sono anche i rinvenimenti di coralli e echinidi, quali i ricci di mare. L'aumento nelle rocce della quantità di argille, racconta al geologo di fiumi che scaricavano a mare i prodotti della demolizione di catene montuose già emerse prevalentemente verso Nord, e che andavano modellando lentamente la forma dello stivale. Le pieghe degli strati, le rocce contorte e strizzate che si osservano localmente, le fratture dei pacchi rocciosi e il loro orientamento, consentono di riconoscere anche l'ultimo dei grandi eventi della lunga storia geologica della regione. Infatti il settore occidentale della neonata catena appennica, a partire dall'epoca pliocenica circa 4 milioni di anni fa, si assottigliava e sprofondava, formando così il mare Tirreno. Attraverso ampie fratture della crosta si sviluppava il vulcanismo della nostra regione, i cui prodotti sotto forma di estese coltri di tufi, si osservano anche nei fondovalle che circondano l'area di Rocca di Cave e dei monti Prenestini.

 

Sala D

 

Sulle sponde di un altro mare (da 95 a 150 milioni di anni fa)

Proseguiamo il nostro viaggio nel tempo, verso la fine dell’Era mesozoica, tra 95 e 65 milioni di anni fa, con una prospettiva finale su un tempo ancora più lontano: circa 150 milioni di anni, quando l’Oceano Ligure era in pieno sviluppo. La sala è dedicata soprattutto a Rocca di Cave e ai suoi fossili.

 

Punto D1

Completiamo le informazioni sulle "piattaforme carbonatiche", partendo dagli studi condotti su una piattaforma attuale, quella delle Isole Bahama, per risalire alla forma e alle caratteristiche di strutture analoghe dell’Appennino, di cui si trovano oggi i resti, sotto forma di rocce e fossili.
Il pannello "Le Bahama dell’Appennino" mostra come la vasta piattaforma delle Bahama, circondata dalla acque profonde dell’Oceano Atlantico, abbia un orlo fatto di scogliere edificate da organismi "costruttori" (coralli, alghe, spugne). In modo analogo, anche lungo i margini delle antiche piattaforme dell’Appennino si svilupparono grandi scogliere e a Rocca di Cave si è conservato un tratto di quelle scogliere, formatesi tra 95 e 65 milioni di anni fa e trasformate per sempre in solide rocce. Rispetto alle scogliere coralline attuali, però, quelle di Rocca di Cave sono state edificate soprattutto da organismi da tempo completamente estinti, le Rudiste. La diafania mostra un esempio, visto dall’alto, del margine di una piattaforma carbonatica di oggi, circondata da acque profonde (blu scuro nella foto).

 

Nel diorama (vetrina bassa) viene presentato un modello in scala della piattaforma carbonatica delle Isole Bahama, con una serie di immagini dei tipi di sedimenti che si stanno formando oggi. A lato del modello, alcuni campioni di rocce provenienti dall’Appennino laziale mostrano l’equivalente di quei sedimenti ormai fossilizzati da milioni di anni.

Punto D2

 

Dopo aver visto come sono fatte le piattaforme carbonatiche, osserviamo ora la scogliera a rudiste di Rocca di Cave, anzi, le scogliere, perché qui si sono conservati fianco a fianco i resti di due scogliere, una più antica, l’altra più giovane. Il punto D2 è dedicato alla scogliera più antica, chiamata "cenomaniana" perché risale all’intervallo di tempo compreso tra 97 e 90 Ma fa, noto come piano cenomaniano.
Nella vetrina sono presentati alcuni tra i fossili più significativi, raccolti nelle rocce su cui è costruito il paese, a partire dai numerosi tipi di rudiste.
Il pannello "La scogliera cenomaniana" (sulla parete di fronte alla vetrina) descrive l’area su cui affiorano i resti della scogliera (fig. 2), l’aspetto che essa aveva e i fossili che ne abitavanoi vari settori in cui si divideva (aree verso il mare aperto, zone riparate, lagune e così via) (fig. 3). Sono descritte in dettaglio le caratteristiche dei due gruppi di rudiste che popolarono la scogliera (Caprinidi e Radiolitidi).

 

Punto D3

Questa seconda vetrina (vicino all’ingresso) raccoglie alcuni esempi delle associazioni fossili che hanno dato origine alla scogliera più giovane, chiamata "turoniano-senoniana" perché risale all’intervallo di tempo compreso tra 90 e 65 milioni di anni. Tra le forme più significative compaiono nuovi tipi di rudiste, le Ippuriti, accompagnate da alcuni tipi di caprine e radiolitidi, da corall
i e da vari gasteropodi.
Il pannello "La scogliera turoniana e senoniana" (temporaneamente collocato nella Sala E) mostra la successione di strati e banchi attraverso la quale si è edificata nel tempo la nuova scogliera, spostata a oriente della precedente; le ricostruzioni degli ambienti di deposizione delle nuove rocce, che mettono in evidenza il progressivo ritirarsi della scogliera verso Est; la forma e la struttura delle Ippuritidi, insieme con un quadro che riassume le linee dell’evoluzione nel tempo dei diversi gruppi di rudiste.

Punto D4

In fondo alla sala, un globo introduce all’ultimo tratto del nostro percorso a ritroso nel tempo (che prosegue nella Sala D): è la ricostruzione dell’aspetto del nostro pianeta come era 145 milioni di anni fa, quando l’Oceano Ligure si era da poco formato ed era in piena espansione. Come si può vedere, si stava aprendo nello stesso tempo anche l’Oceano Atlantico centrale e si era realizzato, in pratica, un lungo corridoio marino che collegava l’ampio golfo dell’antica Tetide all’Oceano Pacifico e che separava i due grandi continenti Laurasia (a Nord) e Gondwana (a Sud). Le sponde nord-occidentali dell’Oceano Ligure corrispondevano ai terreni, molto antichi, dell’attuale Europa centrale e lungo esse si andavano accumulando i sedimenti che diventeranno le rocce delle future Alpi. Le sponde sud-orientali corrispondevano, invece, al bordo del piccolo continente Adria, in gran parte coperto da mari poco profondi, lungo il quale si andavano accumulando le rocce del futuro Appennino, tra le quali anche i calcari di alcune grandi piattaforme carbonatiche. Lungo il margine di una di queste piattaforme si sono sviluppate, 60 milioni di anni più tardi, le scogliere di Rocca di Cave.

 

   Sala C           Sala E   

 

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